Sabato, 23 Novembre 2024

Abbandonare Babele, incontro con il prof. Semeraro


Gli studenti di Piscopedagogia dei linguaggi comunicativi dell’Università del Salento, nel corso delle lezioni del prof. Mimmo Pesare, hanno incontrato il prof. Angelo Semeraro, autore del libro Abbandonare Babele, che rientra nella parte generale dei testi di studio per la preparazione all’esame, riflessione sui primi imprinting familiari e scolastici. Documento prezioso della trasformazione dell

Abbandonare Babele, incontro con il prof. Semeraro

Francesca Maggiulli - Gli studenti di Piscopedagogia dei linguaggi comunicativi dell’Università del Salento, nel corso delle lezioni del prof. Mimmo Pesare, hanno incontrato il prof. Angelo Semeraro, autore del libro Abbandonare Babele, che rientra nella parte generale dei testi di studio per la preparazione all’esame, riflessione sui primi imprinting familiari e scolastici. Documento prezioso della trasformazione dell’educazione dai modelli esemplari del passato ad una formazione cieca e sorda, l’autore, docente ordinario di Pedagogia Sociale, in pensione da qualche anno, ma sempre attivo per il Corso di Laurea di Scienze della Comunicazione che ha fondato nel 2000, lo ha scritto nel tentativo di un richiamo ai principi etico-estetici.

 

Il ‘padre’ di Scienze della Comunicazione apre l’incontro portando quella che definisce una primizia, un nuovo libro che ha da poco letto e che consiglia vivamente Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo, 2013, Giulio Einaudi. “E’ un testo tra la saggistica e il romanzo personale, interessante perché si pone una serie di domande tipiche come il morbillo per l’età infantile, come le malattie esantematiche, sono domande - afferma il prof. Semeraro - che si fan tutti, che risentono dell’aria che respiriamo e che hanno diverse risposte. Se Max Weber in La politica come professione, 1919, affronta il tema della politica come etica dei principi ed etica della responsabilità (temi del corso di studi di Scienze della comunicazione), Piccolo nel suo libro si rifà a due importanti immagini politiche, Moro, lo statista conterraneo, e Berlinguer. Il primo è stato martire per aver tentato di far salire la forza oppositiva al Governo, contravvenendo agli accordi internazionali seguiti al risultato del secondo conflitto mondiale. Il secondo nel ’74 scrive tre scritti sulla rinascita e parla del compromesso storico, sentimento nobile, pattuizione tra persone mature che, se non stanno a dialogare, il mondo belligera con le guerre alle spalle e con quello che stava accadendo in Cile col governo Allende. In quella forma del compromesso storico Berlinguer vide il principio di un’etica della responsabilità e chiuse i cancelli con l’alternativa democratica, irrobustendo un’opinione di giustizia sociale, cercando di inseguire il binomio difficile e impossibile di giustizia e libertà. Piccolo, dal suo, nel romanzo introduce una figura seguita fino alla militanza nel più grande partito che allora rappresentava la sinistra. E’ una donna che sdrammatizza, che chiama "che sarà mai?”, conosciuta e amata nella scuola, che gli svilisce il dono di San Valentino. E’ un filtro di purezza che lo aiuta ad aggiustargli la vita. L’arte del relativizzare è la saggezza tipicamente orientale, a cui noi siamo così vicini geograficamente e nel nostro spirito compassionevole, fa parte del nostro costitutivo spugnoso. Siamo così lontani dall’omnia pura mentis tedesca della Merkel. Stiamo vivendo una crisi che pensavamo fosse ciclica ed invece per adesso non si intravede uscita e non si sa dove ci porterà. Noi ci eravamo abituati all’etica della responsabilità e ci siamo dimenticati tutti dell’etica dei buoni principi. Il capitalismo nasce da questa fusione con l’etica. Oggi stiamo conoscendo il volto più brutale, questo è il capitalismo finanziario dell’economia globale, profitto dei pochi a danno dei molti, è una guerra, spazi di contrattazione e di rinegoziazione, qui è avventura, vinca il più forte, tutto questo sta riemergendo dalle viscere di questo mondo un po’ consunto. E’ qui che nascono le domande, per che cosa formiamo, per un tipo di cittadino succube?”

 

Il prof. Semeraro si riallaccia così al suo Fuggiamo da Babele, la torre sta cadendo, è il nostro tempo, dove i linguaggi non parlano, parleremo tra di noi, ma non ci capiremo più. Preclusione alla comprensione. Questo ‘saggetto’, così lo definisce il prof. Semeraro, è stato scritto per continuare a dialogare con gli studenti che non avrebbe conosciuto, ai loro volti smarriti, alle domande non poste, perché si sente l’inutilità, come l’aver capito in fondo il disegno, come l’aver capito in che posto si è stati messi, per non dire diversamente. Le domande si pongono se ci sono risposte oneste, se non ci sono riferimenti i giovani hanno modelli di gente che, bene che vada, combatta insieme a loro. I buoni maestri di una volta davano exempla. Il romanzo di Piccolo è uscito da una quindicina di giorni e parla della superficialità che è contraria al coinvolgimento, al pathos, quello che sta accadendo a te è come se fosse accaduto a me. Tutto ciò che inconsciamente mi provoca un evento, in genere mi porta a pensare ‘meno male che non c’ero io’. E’ così dopo un triste evento. Oggi siamo tutti dentro e bisogna fare attenzione all’elogio della leggerezza di Calvino, che è un elogio della leggerezza di profondità, di stili.

 

Il prof. Semeraro dichiara di essere curioso ed indisciplinato e di vantarsene, così nella differenza dei generi letterari non fa distinzione tra narrativa e saggistica, in quanto si tratta solo di un ambito delle scienze umane in cui questi due generi sono distinti per necessità, ma sono in realtà un tutt’uno.

 

Racconta poi la storia scritta anni addietro da Raymond Carver, ripresa da R. Altman, in un film: quattro amici si dirigono al lago per un week end, ma, trovandovi una ragazza morta, decidono di proseguire il fine settimana per un giorno ed una notte, anziché per due giorni e l’unica che non ci sta alla superficialità è Dolly. La superficialità è l’icona del tempo che alletta tutti per non farci rispondere alle domande più impegnative, per alleggerirci dalle responsabilità che la stessa nostra società ci pone. Il romanzo apre alla denuncia di questo tempo che pensa di potersi scrollare di dosso quelle preoccupazioni che andrebbero considerate. Oggi viviamo l’empatia eppure dobbiamo pesarne la sua pericolosità, in tempo di crisi fa arretrare, introduce invidia e gelosie, disprezzo e risentimento e riprende a discriminare, il rapporto con gli altri diventa più difficile. La crisi toglie i confini, l’altro che non possiamo aiutare non è detto che non potremmo essere l’altro per un altro. Abbandonare Babele nasce dal tentativo di recuperare per la comunità scientifica seguita dal prof. Semeraro quel che poteva essere dato alle nuove generazioni.

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