Francesca Maggiulli - In salita, anche negli anni della crisi, il numero di immigrati che hanno aperto un’impresa in Italia: lo scorso anno, le imprese individuali aperte da cittadini nati fuori dell'Unione Europea sono quasi 23mila unità in più, per un totale oltre le 350mila unità, ovvero il 10,9% di tutte le imprese individuali operanti in Italia. Tenuto conto che a fine 2010, erano 100.000 in meno, il dato assume ancora maggior significato, considerando oltretutto che il saldo complessivo delle imprese individuali lo scorso anno è stato pari a -0,1%.
Eì' quanto risulta dalle indagini statistiche rilevate da Unioncamere-InfoCamere sulla base dei dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio italiane.
La presenza di piccoli imprenditori extra-UE si rivela particolarmente significativa nelle attività artigiane: oggi sono oltre 120mila, un terzo di tutte le micro-aziende di immigrati, con forti specializzazioni in settori economici quali i servizi alle imprese (dove il 23% è extra-UE), il commercio (16,4%) e le costruzioni (15,2%).
La mappa della loro presenza sul territorio vede ai primi posti Toscana, Lombardia, Liguria e Lazio (tutte con una rappresentanza di micro-imprese di immigrati superiore al 15% del totale delle imprese individuali regionali), con Prato che, dall'alto del 40,9% di imprese individuali con passaporto extra-UE, si conferma la capitale virtuale dell'imprenditoria immigrata in Italia.
“Per gli stranieri giunti in Italia aprire un’impresa è certamente un modo per integrarsi nel nostro sistema economico e sociale"- commenta il Presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello. "Gli imponenti flussi migratori con i quali ci confrontiamo richiedono sicuramente politiche di accoglienza mirate. A queste, però, si possono affiancare strumenti e politiche di integrazione a basso costo quali quelle di supporto all'avvio dell'attività imprenditoriale. E’ questo un ambito nel quale le Camere di Commercio giocano un ruolo importante".