La cosiddetta norma “anti-badanti” è stata ritenuta illegittima perché in antitesi con il principio di solidarietà su cui poggiano le finalità delle prestazioni previdenziali e dunque l’assegno è di nuovo a importo pieno per tutte le pensioni di reversibilità. Il decreto legge 98/2011 disponeva la riduzione della pensione di reversibilità nella percentuale del 60% nei casi di un matrimonio tra un ultrasettantenne e una persona con almeno vent'anni di differenza a far data dal 2012 in avanti. Nello specifico, il coniuge del defunto con oltre vent’anni di età di differenza se il matrimonio non è arrivato al decimo anno alle pensioni liquidate dal 2012 si è applicato a oggi una riduzione del 10% per ogni anno mancante ai 10.
Per esempio, a fronte di un assegno di partenza di 1.mila euro, se l'unione è durata solo 2 anni, sulla pensione di sarebbe dovuta essere di 600 euro la riduzione è dell'80% e l'assegno è 120 euro. L’introduzione della norma, di fatto, voleva contrastare i matrimoni di comodo ma, dopo l’illegittimità dichiarata dalla Corte costituzionale nella sentenza 174/2016 depositata il 14 luglio la Circolare Inps 178/2016 del 21 settembre, ha disposto la corresponsione degli arretrati per gli assegni pagati dal 2012. Gli effetti della norma, in effetti, si facevano sentire sugli interessati, ma non avevano una forte incidenza a livello macroeconomico, secondo la relazione tecnica alla legge di conversione del D.L. 98/2011, si trattava del 4% delle pensioni ai superstiti dove scattava, dopo il taglio, l'integrazione al minimo che compensava in parte la decurtazione.
La sentenza della Corte Costituzionali è di fatto in linea con l'evoluzione del costume sociale, per cui oggi non si può assolutizzare che tutti i matrimoni in età avanzata siano dettai da interessi economici.
Francesca Maggiulli