Domenica, 24 Novembre 2024

Giornalismo e libertà


Il giornalismo può combattere le fake news? Le notizie le deve decidere l'algoritmo o il giornalista?


Giornalismo e libertà

"Libertà" è il Corso di Formazione obbligatoria continua in e-learning organizzato dal Sigef per i giornalisti con il collega Vittorio Roidi che espone i delicati temi deontologici.

Il giornalismo per secoli è stato un mondo di scribacchini, commercianti che cercavano di fare i propri interessi alla mercè dei ricchi ma anche come di chi cercava di trasmettere le proprie idee. Il giornalismo è stato legato alla ricerca del consenso attraverso i giornali chi voleva battere un partito tentando di realizzare una libertà intellettuale

I quotidiani sono nati quasi tutti alla fine dell’800 ed erano di un proprietario che perseguiva i propri interessi ed in Italia quasi ancora oggi manca la figura dell’editore puro.

Come si fa ad essere liberi?

Il vento dell’informazione ha appassionato anche gli italiani ed a fine ‘800 vi è stata la grande diffusione dei giornali e Luigi Albertini e da Mario Borsa hanno dimostrato come sia possibile essere liberi. D’altro canto le testate troppo legate ai partiti non sono mai riuscite ad ottenere grandi guadagni. In epoca fascista Mario Borsa, direttore del Corriere della Sera, ammetteva pure la necessità del denaro per mantenere i giornali.

Anche l’editore può svolgere il proprio mestiere per passione, seppure gli interessi siano qualcosa di inevitabile, ma va considerato che oggi la diffusione dell’informazione tramite le vie telematiche offre grandi opportunità modificando gli scenari.

Il fascismo ha chiuso i giornali e dopo la caduta l’informazione si è rinvigorita con metodi forse uguali, ma con la stessa tecnica. Quando nel 25 giugno 1946 si riunì l’Assemblea Costituente produsse, ragionando sulla libertà di stampa, l’art. 21 sulla libertà d’espressione mediante parole, scritti e qualsivoglia altro mezzo di diffusione, quali fondamenti che già si evincono dalle attuazioni dell’art. 2 sui diritti inviolabili dell’uomo.

In seguito sempre l’Assemblea Costituente, prima di sciogliersi, promulgò la legge n. 47 del 1948 per dettare le disposizioni sulla stampa e con cui stabilì il divieto di censure.

In quel periodo rinacque la Federazione della Stampa, ma il giornalismo venne regolamentato solo dopo 15 anni 0con la legge n. 69 del 1963 che istituì l’Ordine dei Giornalisti.

               Nella legge del ‘63 sulla professione si stabilì anche l’obbligo di rettifica. Oggi ci si deve chiedere se quell’impianto frutto di lunghe battaglie e conquiste debba essere sostituito da altro. Il Parlamento Italiano riteneva all’epoca che l’informazione andasse tutelata da un Ordine quale garante dell’autonomia dell’informazione. Oggi ci si può chiedere quanta autonomia si è così garantita e quanta verità è stata data agli italiani. La legge del 63 con l’art. 2 ha dettato i diritti e doveri dell’obbligo inderogabile della verità sostanziale dell’informazione. La verità è stata definita insopprimibile ed è stata unita all’obbligo di essere inderogabile. Il limite giuridico della sostanzialità dei fatti chiarito dalla Cassazione quando il giudice riconosce che il giornalista ha fatto tutto il possibile per trovare e riferire la verità dei fatti.

La rettifica già presente nella legge del 48 è ripresa fedelmente nella legge del ’63 ed il cittadino ha il diritto di rettifica di 30 righe nella stessa pubblicazione dopo che i giudici lo abbiano imposto.

Il giornalista ha il dovere di coprire le proprie fonti quando tale condizione è posta dalla fonte che chieda di restare protetta.

L’art 2 della legge del 63 richiama i principi di lealtà e buona fede. La Carta dei Doveri del '93 richiama il princicipio che il giornalista deve fare tutto il possibile per cercare la verità e l’Ordine non sospese Fabrizio Gatti quando entrò contra legge nel centro per migranti di Lampedusa disattendendo alla legge istituita dal ministro dell’Interno per poter poi raccontare sul suo giornale come si vive nei centri per migranti.

Tra le norme deontologiche dei giornalisti la Carta dei Treviso fatta nel 1990 per la protezione dei minori, ovvero fino a 18 anni, per la protezione anche delle loro immagini con diversissime problematiche affrontate nel corso degli ultimi anni.

Il Garante Stefano Rodotà fu il primo garante della Privacy che, insieme all’Ordine dei Giornalisti, riuscì a superare uno scoglio importante. Il Trattato di Schlengen sul commercio e  sulla circolazione dei beni e delle persone nel territorio europeo fu recepita dalla normativa nazionale con la Legge n. 675 del 1996 che introdusse il nuovo elemento di legge del Consenso della persona che deve autorizzare al Trattamento dei propri dati. Tutto questo avvenne in Italia in ritardo, dopo che gli Stati Uniti sulla privacy vide i due grandi giuristi americani Samuel Warren e Luis Brandeski che nell’800 a Boston ad Hardarv scrissero un saggio The right privacy per dirimere una questione che uno di loro aveva con la moglie sul diritto di vivere indisturbati.

La Legge 675/96 precisò che occorreva richiedere il consenso sul trattamento dei dati, quali la malattia e le abitudini sessuali, anche per chi faceva informazione. Successivamente Stefano Rodotà comprese la necessità di modificare la legge, così poi scrivendo con il Consiglio Nazionale dei Giornalisti un Codice Deontologico in cui si è poi creata una nuova nozione, quella dei dati sensibili, specificando che il giornalista nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati della salute o che rivelano il carattere sessuale garantisce il diritto all’informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione, nelle materie per le quali anche i giornalisti avrebbero dovuto chiedere il consenso.

Pietro Valpreda nella storia del giornalismo italiano è stata una delle prime vittime del giornalismo sparato che entrava nella rete della giustizia e li rovinava. Il 12 dicembre 1969 una bomba esplodeva in una banca e Valpreda, ballerino che frequentava un circolo anarchico venne accusato da un tassista. Tra i tanti altri casi Simonetta Cesaroni uccisa a Roma a via Poma, il fidanzato dopo 8 anni è stato scagionato. Il processo pensale è stato riformato agli inizi degli anni 90 con la parità tra la procura che indaga e la difesa delle persone indiziate e poi indagate, una parità che raramente si trova nell’informazione dove la presunzione d’innocenza diventa presunzione di colpevolezza, per responsabilità dei magistrati e anche dei giornalisti quali Enzo Tortora, nel 1983-1987-88 vittima di mafiosi e camorristi che lo accusarono tutti insieme. Raffaele Sollecito al delitto di Perugia che vide uccisa Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa in una villetta per cui Sollecito venne accusato per 8 anni insieme ad Amanda Knox, dopo di che fu del tutto scagionato. I giornalisti di fronte a tali situazioni non possono divincolarsi da ogni responsabilità e ritenere colpevoli solo i magistrati in quanto servono diverse modalità per non "bollare" le persone. La televisione nel giornalismo giudiziario risponde dell’aggravarsi dell’informazione di cronaca. L'art. 51 del Codice Penale considera un obbligo quello del giornalista di diffondere i particolari della vicenda a tre condizioni: dire la verità, che sia interesse pubblico, con certezza di fonti, come detto dalla sentenza della Cassazione del 1984. Il giornalista e il cronista hanno il diritto-dovere di ricordare che l’accusato secondo la legge è innocente fino a che non arriva la condanna. Solo così si ha il diritto di diffondere i particolari della vicenda.

La Rai nel 2009, insieme ad altre emittenti televisive, firmò un Codice di Autoregolamentazione per rendere equilibrati i fatti di cronaca nera in televisione, ma Broidi ritiene che ancora molto debba essere fatto, perché non si deve trasmettere ossessivamente immagini probatorie prima della sentenza, influenzando negativamente l’opinione pubblica attraverso le immagini divulgate con eccessiva frequenza.

Le regole deoontologiche giornalistiche stabiliscono che i giornalisti non possono fare pubblicità in quanto la pubblicità deve essere sempre distinta e distinguibile dall'informazione. Riguardo la corretta informazione che i giornalisti debbano usare nella divulgazione di fatti relativi ai migranti la Carta per la protezione dei migranti ne stabilisce le modalità. La Carta di Firenze contro lo sfruttamento dei giornalisti richiama l’attenzione dei comitati di redazione.

Nel 1976 il quotidiano El Pais creò la figura del Difensore del lettore, mentre in Italia tale figura non ha mai attecchito, così non riuscendo ad entrare in discussione con la comunità, per dimostrare la capacità di ascoltare e di rispondere ai bisogni.

Il Consiglio di Disciplina è un organo di controllo che non riesce ancora a dare credibilità, l’istituto del giurì abbrevierebbe i giudizi ai contrasti tra il cittadino e i giornalisti.

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Roidi apre l'ultimo tema del corso dedicandolo a Pietro Calamandrei, uno dei padri costituenti che discusse come le norme dovevano essere garantiste nel diritto dell’informazione.

Il rapporto fra giornalismo e politica, da sempre esistente, oggi va rivisto con altra attenzione nell’uso della rete di internet. Questo è vero anche per gli editori per l’interesse economico, finanziario e molto spesso sono legati al potere economico finanziario.

Alberto Bergamini fondò il giornale "Il Giornale D’Italia" finanziato da Sidney Sonnino, politico liberale. Tale giornale di propaganda politica affidata a Bergamini entrò spesso in contrasto con Sonnino, in un difficile periodo in cui arrivò la seconda guerra mondiale. Nel 1939 Gianni Mazzocchi fondò il mensile che poi è divenuto settimanale e il direttore Lamberto Sechi era attento alla ricerca della verità che divideva i fatti dalla cronaca. Oggi questo non avviene, nonostante i direttori la sostengano, ovvero persiste la mescolanza secondo il giudizio di Broidi. Nel ’76 nacque il Giornale di Scalfari che voleva raccontare la verità dei fatti, ma arrivando oggi alla mescolanza dei giudizi, il lettore del giornalismo politico vada poi ad allontanarsi perché si fa un tutt’uno senza dedicare spazi distinti né alle norme né ai fatti. In Itali manca il giornalismo d’inchiesta, mancano i fondi. La Carta dei Doveri del 1993 scrisse che la responsabilità del giornalista verso i cittadini deve sempre prevalere.

L'avvento di internet, la rete ha modificato l'intera sistema dell'informazione. La crisi economica ha dimezzato la carta stampata e la grandissima libertà di espressione grazie a internet apre scenari impensabili perchè non occorrono miliardi per comunicare. La dose di verità odierna però è a rischio ed il ruolo dei giornalisti non è la fine dell'intermediazione, anzi oggi può farsi garante delle fonti certe aggiornandosi con grande capacità. I cittadini possono trovare notizie, ma la competenza del giornalista continua a rivelarsi utile. 

Hannah Arendt nelle Origini del totalitarismo diceva: "Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso non esiste piuù". In questi giorni è stato pubblicato il libro della giornalista americanaItalia Michiko Kakutani La morte della verità che, vincendo il Premio Pulitzer, denuncia l'attuale condizione negli Stati Uniti: "le menzogne sono il più vistoso, percebile segnale di attacco alle istituzioni.... dire il falso vuol dire mettere in discussione l'organizzazione democratica".

Broidi pone le spinose questioni oggi al vaglio della società globale: il giornalismo può combattere le fake news? Le notizie le deve decidere l'algoritmo o il giornalista?

Questo corso ha cercato di spiegare le ragioni per cui i giornalisti devono essere in prima fila nella battaglia per la libertà mostrando che la buona informazione vale e che più verità garantisce più democrazia.

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