Il
2012 doveva essere l’anno della svolta decisiva. Le premesse c’erano. E, poi, lo speravamo un
po’ tutti, quando, stappando lo spumante per brindare al nuovo anno,
esattamente dodici mesi fa, guardavamo con grande favore ai primi, timidi
segnali di ripresa, che nel 2011 avrebbero dovuto prendere vigore.
Ma,
già a partire dall’estate, quell’auspicio è stato spazzato via dai venti di
un’Unione Europea in piena crisi di identità.
Sulla
sua giovane età – 20 anni fa, l’11 dicembre, veniva siglato il Trattato di
Maastricht – si è detto tanto. Di certo è che 27 Paesi della Comunità -17 in area euro - non hanno mai davvero
sentito di essere parte di “qualcosa di grande”, di un ideale forte, al di
sopra di interessi e primogeniture. Il Presidente Napolitano ha detto che la
nostra crisi ha radici europee ed è proprio da lì che occorre partire per
risolverla. Ma dobbiamo lavorare bene anche in casa nostra.
Di
fronte all’avanzata delle economie emergenti e con l’incognita del rinnovo
elettorale negli Usa, l’Europa e l’Italia hanno mostrato a pieno le loro
fragilità.
In
ottobre tutto è precipitato: mentre il Governo italiano dibatteva sulle riforme
da attuare per risanare il Paese, l’Unione Europea inviava una missiva per capire
come l'Italia intendesse raggiungere gli obiettivi di stabilità ed equilibrio per il 2012 e 2013. I dubbi
di Bruxelles, intanto, facevano crollare le Borse e volare lo spread!
Alla
vigilia di questo nuovo anno, così, invece dell’attesa svolta, ci troviamo di
fronte a tanti interrogativi. La manovra varata dal Governo Monti, nonostante
la buona volontà del “fare”, stenta a
dare risposte, soprattutto agli imprenditori. Confindustria ha più volte
chiesto misure urgenti per la crescita e la competitività del sistema Italia.
La manovra da 30 miliardi di euro, ribattezzata “salva Italia”, che negli
obiettivi vuole mettere in sicurezza i conti dello Stato e rispondere alla
crisi di fiducia che ha colpito il debito pubblico italiano, non soddisfa
completamente. Concepita per rispondere alle preoccupazioni dei nostri partner
europei e cercare di ridare slancio al Paese, presenta più di qualche ombra.
La manovra di Monti, infatti, è
costituita per gran parte da maggiori entrate/tasse e per la restante da poco
più che simbolici tagli alle spese.
Riteniamo, sicuramente interpretando
il pensiero di molti, non solo fra gli imprenditori, che si potesse fare di più
sul versante dei tagli alla spesa improduttiva, che nel nostro Paese è enorme,
per liberare risorse da destinare al rilancio dell’economia. Occorreva osare
maggiormente sui costi della politica e della macchina burocratica statale.
Provvedimenti, poi, come l’aumento
delle accise sui carburanti, il blocco dell’indicizzazione delle pensioni,
l’introduzione dell’imposta sugli immobili non fanno che erodere la già scarsa
capacità di consumo delle famiglie italiane e potrebbero generare una
pericolosa spirale recessiva. L’eventuale ulteriore aumento dell’IVA, a partire
dalla seconda metà del 2012, non farebbe che aggravare la situazione,
addirittura incentivando l’evasione e il lavoro nero.
Per quanto concerne la lotta
all’evasione sarebbe, invece, auspicabile che il cittadino potesse dedurre le
spese sostenute per prestazioni d’opera private – come avviene in molti altri
Paesi – perché questo comporterebbe la richiesta obbligata di una ricevuta o
fattura per ogni esborso effettuato.
Sarebbe stato opportuno, inoltre,
promuovere, in assenza di interventi dell’Unione Europea, accordi bilaterali
con altri Paesi per recuperare a tassazione patrimoni che sono emigrati
oltralpe per sfuggire al fisco.
Sul versante delle imprese e, quindi,
della crescita, non ci è sembrato che, nonostante i proclami, sia stato fatto
molto.
Alcuni provvedimenti, pur cogliendo
nel segno, sono troppo timidi nella misura.
Apprezzabile la deduzione dal reddito
d’impresa dell’intero ammontare dell’Irap relativa alle spese per il personale
dipendente ed assimilato, nonché gli sconti Irap per lavoratrici e giovani al
di sotto dei 35 anni.
La patrimonializzazione delle imprese
andava invece incentivata con la completa defiscalizzazione degli utili che
vengono destinati a capitale.
Il Fondo di Garanzia per le piccole e
medie imprese, che si è dimostrato in questi anni di crisi un valido supporto
per l’accesso al credito, è stato rinforzato con 400 milioni di euro. Il
rischio di credit crunch, derivante anche dalle difficoltà oggettive delle
banche, è talmente concreto ed allarmante per le imprese, che si rende
necessario integrare ulteriormente tale dotazione perché possa essere uno
strumento veramente efficace. A tal proposito, è auspicabile che la manovra del
Governo possa essere accompagnata da provvedimenti analoghi delle Regioni
dell’Area Obiettivo Convergenza. L’intervento da parte di queste ultime
dovrebbe essere dell’ordine di un miliardo di euro, da destinare, in parte, a
garanzia delle operazioni di finanziamento delle imprese meridionali e, in
parte, al sostegno di iniziative imprenditoriali innovative e ad alto
potenziale di sviluppo, attraverso l’utilizzo di appositi fondi di private
equity.
Infine, la manovra dovrà completarsi
con indispensabili interventi infrastrutturali già programmati e, in parte
significativa, già finanziati.
Anche in questo caso appare
fondamentale un’azione coordinata tra Governo centrale e Regioni dell’Area
Obiettivo Convergenza al fine di utilizzare in modo più efficace le risorse
disponibili a valere sui fondi Fas.
Al momento, evidentemente, si tratta
di una manovra “parziale”, che persegue soprattutto finalità di bilancio.
Seguiranno certamente altri interventi. Per parte nostra continueremo a
lavorare e lo faremo anche meglio e più a lungo! L’Italia non può più permettersi l’esistenza che ha conosciuto in
questi ultimi 30 anni. Urgono dei sacrifici ma soprattutto notevoli
cambiamenti.
L’augurio è che il Governo possa
varare in tempi rapidi riforme strutturali capaci di liberare la crescita
potenziale che il Paese esprime.
In particolare, è urgente procedere
alla riforma del mercato del lavoro e a quella del Fisco, per ridurre
progressivamente la tassazione sui redditi di impresa e da lavoro. Questo
consentirebbe di combattere più efficacemente l’evasione fiscale, favorendo
l’emersione dell’economia sommersa, punto cruciale per il perseguimento di una
maggiore equità sociale.
In definitiva, ci aspettiamo scelte
che non siano dettate “solo” dall’emergenza, ma che abbiano una visione
strategica del futuro per ridare fiducia a cittadini, famiglie ed imprese.
E, così, forse, almeno l’anno
prossimo, il 31 dicembre, potremo brindare alla tanto auspicata svolta.
Piernicola
Leone de Castris
Presidente Confindustria Lecce