Al riparo dall’Iva i diritti di segreteria dovuti alle Camere di commercio (Cciaa) per certificati, visure e altre informazioni, anche se corrisposti dal cliente finale tramite soggetti terzi. Ciò perché sono considerati tributi, e la loro natura non cambia se vengono riaddebitati al destinatario dell’informazione da altri soggetti.
E’, in estrema sintesi, la risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 203/E del 5 agosto , a un’associazione che chiede chiarimenti in merito all’applicabilità dell’Imposta sul valore aggiunto ai diritti di segreteria.
In particolare, l’istante fa presente che alcune società che fanno parte dell’associazione hanno stipulato un contratto con Infocamere - il consorzio che gestisce il sistema informatico nazionale delle Cciaa - per accedere in via telematica alle banche dati camerali e reperire informazioni da diffondere ai propri clienti. Di conseguenza, i diritti di segreteria sono addebitati prima da Infocamere alla società distributrice (per conto della Camera di commercio), e poi da quest’ultima al cliente finale.
Riaddebito o no, per le Entrate la sostanza non cambia. I diritti di segreteria, infatti, hanno natura tributaria - come peraltro stabilito anche da una sentenza della Corte costituzionale (n. 156 del 1990) - e non carattere di corrispettivo e, quindi, non rilevano ai fini Iva per mancanza del presupposto oggettivo. Ciò a patto che il cliente non richieda, al posto della semplice informazione acquisita in via telematica, una rielaborazione ad hoc: in quest’ultimo caso, infatti, i diritti di segreteria scontano l’Iva, in quanto parte integrante del corrispettivo (“tariffa” per l’acquisizione dell’informazione camerale più provvigione) dovuto alla società distributrice per un’attività “unica e complessa”.
Il testo della risoluzione n. 203/E è disponibile sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, alla voce “Circolari e risoluzioni”.