Il valore dei bilanci tecnici attuariali - per l’Inps e non solo – consiste nel fornire indicazioni in relazione alla sostenibilità dei sistemi (previdenziale nel caso dell’Inps). Non sono certo, e non possono essere mai, utili per valutare la consistenza delle singole prestazioni, in un futuro remoto, secondo attese derivanti da percorsi lavorativi non standardizzabili e comunque imprevedibili nel corso non solo degli anni, ma addirittura di decenni.
Lo studio citato nell'articolo del “Corriere della Sera” di oggi - come peraltro correttamente indicato dall’autore - era preventivo e in qualche modo
propedeutico rispetto alla riforma della scorsa estate. E infatti le simulazioni non tengono conto degli effetti dispiegati dalla legge 122/2010 che già entro il 2017 produrrà un incremento di oltre 25 miliardi nel patrimonio netto dell'Inps.
Insomma la fotografia fornita da questi documenti è già ingiallita rispetto all'attualità: ed era stata scattata non per prevedere l'impossibile (il valore delle singole prestazioni) ma per valutare il prevedibile (la sostenibilità del sistema).
E' del tutto impossibile prefigurare la prestazione previdenziale a venti-trenta-quaranta anni dal momento del godimento: i percorsi di lavoro non sono standardizzabili; le attese macroeconomiche che influenzano i coefficienti di trasformazione non sono prevedibili; l'aspettativa di vita è in costante crescita e quindi introduce un'altra variabilità non marginale. Ancora più difficile fare previsioni sulle prestazioni derivanti dalla Gestione separata, dove la permanenza degli assicurati è di poco superiore ai cinque anni: la maggior parte di questi lavoratori transita dopo questo periodo in altri fondi.
Con questi studi tecnici attuariali è invece doverosamente esercitabile la valutazione delle macrocomponenti che determinano il sistema, la sua sostenibilità, la sua capacità di garantire stabilità ed equità.