(Francesca Maggiulli) - "Jobs acts e dintorni" è il tema del convegno sui contenuti della legge delega in materia di riforma del lavoro, nello specifico delle novità collegate al contratto a tutele crescenti. L'incontro, svoltosi all'Arthotel & Park di Lecce il 19 gennaio 2015 nell'ambito delle iniziative formative a cadenza mensile avviate da Teleconsult per i Consulenti del Lavoro di Lecce, ha avuto come relatore il dott. Giuseppe Gentile che ha fatto il punto della situazione sulle modifiche sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Si tratta delle misure che il Governo ha approvato con il Jobs act (L. n. 183/2014) che è entrato in vigore il 16 dicembre 2014. Partiamo da una domanda: esonero dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato a tre anni: cosa vuol dire? Numerosi i dubbi, eppure la legge opera dal 1° gennaio 2015, senza decreto attuativo, senza prassi. Non è chiaro se e in quale maniera opereranno due binari, quello del contratto a tutela crescenti ed il contratto tradizionale del tempo indeterminato. Se i professori universitari, gli avvocati e i magistrati possono essere pensate come la categoria 'fortunata' del giuslavorista, i consulenti del lavoro sono i tecnici che nel quotidiano si assumono le forti responsabilità a carattere oltretutto sociale, trovandosi di fronte ad una situazione a dir poco problematica.
Il Decreto legge n 34 del 2014 ha riformato il contratto a termine, va bene, ma nel caso del contratto a tempo indeterminato le tutele crescenti saranno l'unica forma possibile?
Nel licenziamento ingiustificato le cose cambiano e il datore di lavoro, nel perdere la causa, non è obbligato alla reintegra, ma deve pagare una indennità rapportata all'anzianità di servizio. L'eccezione resta in presenza di un licenziamento per sanzione disciplinare, in quanto se si dimostra l'insussistenza del fatto contestato vi è l'obbligo della reintegra. Questa riduzione della indennità si propaga anche alla vecchia legge 604 del 96, alla vecchia soglia, con riduzione e irrigidimento della vecchi tutela, rapportandola alla situazione del lavoratore.
In caso di violazione dei criteri di scelta, previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, non c'è più la contrattazione, ma la indennità.
1 - Limitazione della reintegra nei casi di licenziamento discriminatorio
2 - Esclusione per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
3 - Previsione di un indennizzo economico ridotto nell'importo.
Si chiamano 'tutele crescenti' perché più passa il tempo (anzianità) più 'crescono' le tutele. Oggi si dà contezza ad una scelta di licenziamento, il costo delle lungaggini processuali sono tutte scaricate sul lavoratore.
Non è toccata la tutela obbligatoria per tutta la forza lavoro già occupata oggi, con l'art. 18, così fra un anno un licenziamento collettivo dovrà essere attuato con regole diverse perché si dovrà operare con i diversi fattori temporali a cui risalgono le diverse assunzioni su cui attuare i licenziamenti. Scenario complicato, data la coabitazione di diversi fattori agenti nella stessa azienda con i lavoratori posti ad oggi nella stessa condizione lavorativa ma non per i licenziamenti. Questa norma vale comunque anche per i precedenti casi, qualora si abbiano oltre 15 lavoratori, è possibile licenziarne prima tre, poi licenziarne 13 lavoratori, ma questo nuovo decreto comunque è un regime che una volta che vi si entra vale sempre, non se ne esce più. Oltre i 15 lavoratori si attuano le nuove regole per tutti. Per i dirigenti continua ad applicarsi il regime precedente ed è tutelato già da prima comunque solo per motivi discriminatori.
La tutela del licenziamento discriminatorio non arretra, è piena, con reintegra e risarcimento e l'onere è sempre a carico della parte lesa, il lavoratore. È stata eliminata tutta una serie di riferimenti normativi, per cui il motivo discriminatorio è oggi molto più ampio, non è più necessario il ricorso all'art. 1345 c.p. Oltre alla reintegra, l'indennità è commisurata per il periodo che va dal licenziamento all'accertamento, non inferiore a 5 mensilità, in piena corrispondenza con quanto precedentemente previsto. In alternativa alla reintegra, il lavoratore può scegliere una indennità pari a 15 mensilità, senza alcun obbligo sul piano contributivo. A seconda dei casi questo può essere a favore del datore o del lavoratore. Ipotesi di inefficacia, licenziamento avvenuto in forma orale, nullo per difetto.
Maggiori novità nel licenziamento ingiustificato (economico), con una rimodulazione delle tutele ed un meccanismo di applicazione delle due distinte tutele
Rimodulazione:
1) Tutela indennitaria, riconoscimento economico
2) Tutela della reintegra, mantenimento del posto di lavoro
Nel caso in cui si accerta che opera un giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa il giudice riconosce il licenziamento, lo dichiara estinto alla data del licenziamento e non della sentenza ed applica una tutela indennitaria per il lavoratore commisurandola all'anzianità (due mensilità globale per gli anni di servizio) come condanna al datore. Non può essere inferiore a 4 mensilità né superiore a 24 mesi.
L'insussistenza del fatto materiale comporta sempre l'annullamento del licenziamento, per cui il giudice, nei casi del licenziamento per 'giustificato motivo soggettivo' e nel licenziamento per 'giusta causa', condanna il datore alla reintegra del lavoratore col pagamento del l'indennità risarcitorie: conviene così sempre il licenziamento del 'giustificato motivo oggettivo', perché in giudizio, nell'esame delle carte, non è ben chiara la discrezionalità del giudice. Invece se il lavoratore ha rubato una penna si è dinanzi ad un fatto materiale e il giudice non può entrare nel merito se la misura del licenziamento sia eccessiva o meno. Solo se non è dimostrata la sussistenza del fatto che sia stata rubata la penna, il giudice può annullare il licenziamento. L'inidoneità fisica è pari al motivo discriminatorio, ovvero il licenziamento per motivi economici è consentito, ma non se il lavoratore poteva continuare a lavorare Il licenziamento per superamento del periodo di comporto non consente al giudice l'applicazione della reintegra. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (economico) per i nuovi assunti non si applica la procedura Fornero d'istanza alla DTI. L'offerta di conciliazione, che si fa prima del licenziamento, consiste nel fatto che il datore di lavoro può offrire, a titolo conciliativo, un importo pari a due mensilità per ogni anno di servizio, non superiore alle 18 mensilità (somme ridotte della metà per i dipendenti delle piccole imprese).
L'importo è esente da imposte e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. La certificazione ad oggi non è possibile effettuarla presso le sedi delle Commissioni provinciali dei Consulenti del lavoro, ma presso gli uffici della DTI e presso gli enti bilaterali. Attenzione però ai casi di licenziamento in cui vi è un confine labile, come il licenziamento discriminatorio ed il licenziamento persecutorio, dove il lavoratore deve sempre poterlo dimostrare e dove comunque cambiano le possibilità di conciliazione.
Si tratta delle misure che il Governo ha approvato con il Jobs act (L. n. 183/2014) che è entrato in vigore il 16 dicembre 2014. Partiamo da una domanda: esonero dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato a tre anni: cosa vuol dire? Numerosi i dubbi, eppure la legge opera dal 1° gennaio 2015, senza decreto attuativo, senza prassi. Non è chiaro se e in quale maniera opereranno due binari, quello del contratto a tutela crescenti ed il contratto tradizionale del tempo indeterminato. Se i professori universitari, gli avvocati e i magistrati possono essere pensate come la categoria 'fortunata' del giuslavorista, i consulenti del lavoro sono i tecnici che nel quotidiano si assumono le forti responsabilità a carattere oltretutto sociale, trovandosi di fronte ad una situazione a dir poco problematica.
Il Decreto legge n 34 del 2014 ha riformato il contratto a termine, va bene, ma nel caso del contratto a tempo indeterminato le tutele crescenti saranno l'unica forma possibile?
Nel licenziamento ingiustificato le cose cambiano e il datore di lavoro, nel perdere la causa, non è obbligato alla reintegra, ma deve pagare una indennità rapportata all'anzianità di servizio. L'eccezione resta in presenza di un licenziamento per sanzione disciplinare, in quanto se si dimostra l'insussistenza del fatto contestato vi è l'obbligo della reintegra. Questa riduzione della indennità si propaga anche alla vecchia legge 604 del 96, alla vecchia soglia, con riduzione e irrigidimento della vecchi tutela, rapportandola alla situazione del lavoratore.
In caso di violazione dei criteri di scelta, previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, non c'è più la contrattazione, ma la indennità.
1 - Limitazione della reintegra nei casi di licenziamento discriminatorio
2 - Esclusione per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
3 - Previsione di un indennizzo economico ridotto nell'importo.
Si chiamano 'tutele crescenti' perché più passa il tempo (anzianità) più 'crescono' le tutele. Oggi si dà contezza ad una scelta di licenziamento, il costo delle lungaggini processuali sono tutte scaricate sul lavoratore.
Non è toccata la tutela obbligatoria per tutta la forza lavoro già occupata oggi, con l'art. 18, così fra un anno un licenziamento collettivo dovrà essere attuato con regole diverse perché si dovrà operare con i diversi fattori temporali a cui risalgono le diverse assunzioni su cui attuare i licenziamenti. Scenario complicato, data la coabitazione di diversi fattori agenti nella stessa azienda con i lavoratori posti ad oggi nella stessa condizione lavorativa ma non per i licenziamenti. Questa norma vale comunque anche per i precedenti casi, qualora si abbiano oltre 15 lavoratori, è possibile licenziarne prima tre, poi licenziarne 13 lavoratori, ma questo nuovo decreto comunque è un regime che una volta che vi si entra vale sempre, non se ne esce più. Oltre i 15 lavoratori si attuano le nuove regole per tutti. Per i dirigenti continua ad applicarsi il regime precedente ed è tutelato già da prima comunque solo per motivi discriminatori.
La tutela del licenziamento discriminatorio non arretra, è piena, con reintegra e risarcimento e l'onere è sempre a carico della parte lesa, il lavoratore. È stata eliminata tutta una serie di riferimenti normativi, per cui il motivo discriminatorio è oggi molto più ampio, non è più necessario il ricorso all'art. 1345 c.p. Oltre alla reintegra, l'indennità è commisurata per il periodo che va dal licenziamento all'accertamento, non inferiore a 5 mensilità, in piena corrispondenza con quanto precedentemente previsto. In alternativa alla reintegra, il lavoratore può scegliere una indennità pari a 15 mensilità, senza alcun obbligo sul piano contributivo. A seconda dei casi questo può essere a favore del datore o del lavoratore. Ipotesi di inefficacia, licenziamento avvenuto in forma orale, nullo per difetto.
Maggiori novità nel licenziamento ingiustificato (economico), con una rimodulazione delle tutele ed un meccanismo di applicazione delle due distinte tutele
Rimodulazione:
1) Tutela indennitaria, riconoscimento economico
2) Tutela della reintegra, mantenimento del posto di lavoro
Nel caso in cui si accerta che opera un giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa il giudice riconosce il licenziamento, lo dichiara estinto alla data del licenziamento e non della sentenza ed applica una tutela indennitaria per il lavoratore commisurandola all'anzianità (due mensilità globale per gli anni di servizio) come condanna al datore. Non può essere inferiore a 4 mensilità né superiore a 24 mesi.
L'insussistenza del fatto materiale comporta sempre l'annullamento del licenziamento, per cui il giudice, nei casi del licenziamento per 'giustificato motivo soggettivo' e nel licenziamento per 'giusta causa', condanna il datore alla reintegra del lavoratore col pagamento del l'indennità risarcitorie: conviene così sempre il licenziamento del 'giustificato motivo oggettivo', perché in giudizio, nell'esame delle carte, non è ben chiara la discrezionalità del giudice. Invece se il lavoratore ha rubato una penna si è dinanzi ad un fatto materiale e il giudice non può entrare nel merito se la misura del licenziamento sia eccessiva o meno. Solo se non è dimostrata la sussistenza del fatto che sia stata rubata la penna, il giudice può annullare il licenziamento. L'inidoneità fisica è pari al motivo discriminatorio, ovvero il licenziamento per motivi economici è consentito, ma non se il lavoratore poteva continuare a lavorare Il licenziamento per superamento del periodo di comporto non consente al giudice l'applicazione della reintegra. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (economico) per i nuovi assunti non si applica la procedura Fornero d'istanza alla DTI. L'offerta di conciliazione, che si fa prima del licenziamento, consiste nel fatto che il datore di lavoro può offrire, a titolo conciliativo, un importo pari a due mensilità per ogni anno di servizio, non superiore alle 18 mensilità (somme ridotte della metà per i dipendenti delle piccole imprese).
L'importo è esente da imposte e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. La certificazione ad oggi non è possibile effettuarla presso le sedi delle Commissioni provinciali dei Consulenti del lavoro, ma presso gli uffici della DTI e presso gli enti bilaterali. Attenzione però ai casi di licenziamento in cui vi è un confine labile, come il licenziamento discriminatorio ed il licenziamento persecutorio, dove il lavoratore deve sempre poterlo dimostrare e dove comunque cambiano le possibilità di conciliazione.