Il piccolo inglese Alfie Evans a soli 23 mesi di vita, affetto da una non ben specificata malattia neurodegenerativa, si è visto staccare le spine che lo sostengono in vita nell'ospedale di Liverpool contro la volontà dei genitori e nonostante i tanti appelli e la cittadinanza italiana ricevuta per poterne salvare la vita. Il padre Tom Evans solo due giorni prima on un'intervista a Famiglia Cristiana aveva raccontato: "Quando è stato ricoverato, il 14 dicembre 2016, Alfie aveva sette mesi ed era un bambino sanissimo». Solo un’ infezione e crisi epilettiche: sedato in modo troppo pesante, non si è più ripreso, è entrato in coma ed il 31 dicembre, secondo i medici avrebbero dovuto staccare la spina del respiratore.
"L'ospedale di Liverpool ha paura che, se nostro figlio arriva in Italia, viene curato e si riprende, la loro reputazione ne risentirà".
L'intervista informa degli elevati costi sanitari necessari per mantenere in vita creature che hanno bisogno del supporto ospedaliero e ne denuncia le volontà di risparmio, ovvero di un giudizio cinico che entrerebbe nel merito di chi far vivere, a secondo delle possibili aspettative di vita.
Con questa drammatica vicenda, il cui prosieguo è ancora tutto da vedere, entrano in campo principi di bioetica, che certo richiedono un'attenta riflessione, se si vuole continuare a condannare l'eugenetica praticata dal governo totalitarista dei nazisti negli anni della seconda guerra mondiale.
L'unica concessione al momento rilasciata dall'ospedale di Liverpool sono acqua e ossigeno e si spera che la delicata trattativa diplomatica con l'Italia per il trasferimento al Bambino Gesù di Roma si concluda quanto prima.
Il giudice inglese ha però nominato un tutore legale per decidere se proseguire le cure di un bambino malato, in vista dell'imminente possibilità di porre fine alla propria vita, per impedire alla famiglia in preda al dolore di prevaricare con il proprio egoistico desiderio di tenerlo in vita. Staccata la spina, il bambino al di là di ogni aspettativa continua a vivere e l'ospedale dov'è ricoverato, da quel momento, non informa più riguardo le sue condizioni di salute per rispetto della privacy della famiglia. Il tribunale nega alla famiglia la possibilità di trasferire il bambino in Italia dopo che gli è stata data la cittadinanza italiana.Tutto questo sembra una forma attuale di regime totalitario che impedisce qualsivoglia altre forme di governo al di là di se stesso.
(dal profilo Faceobook 24 aprile 2018)